Convivenza - matrimonio pro e contro

Sia il matrimonio che la convivenza possono essere entrambe o di successo o fallimentari, non esiste una formula vincente. Ciò che le deve accomunare è che deve esserci di sicuro, è un sentimento forte d'amore ed una forte unione, in modo da cercare quantomeno di far funzionare il rapporto, sia esso di matrimonio o di convivenza. 

Se non si è pronti al grande passo, la convivenza può essere una giusta alternativa o anche una prova prematrimoniale
Attenzione però a non sceglierla comunque con leggerezza, infatti anche la convivenza è una scelta che va ponderata, anch'essa deve avere delle regole, non è basata su promesse di vita come il matrimonio, ma di certo deve essere considerata una sorta di matrimonio laico, senza vincoli ma con la responsabilità di stare insieme e di creare una specie di famiglia in due anche se non si è sposati.

Come mai alcune persone considerano le coppie che convivono di serie B rispetto a quelle sposate?

Ciò è dato dal pensiero che convivere, vuol dire non prendersi la responsabilità di una nuova famiglia, avere sempre una scappatoia nel caso il rapporto non funzionasse dato che in qualsiasi momento, basta restituirsi a vicenda le chiavi di casa. 
Rispetto a ciò invece il matrimonio è definito la culla stessa della famiglia, la cellula primordiale di un nuovo nucleo familiare, un rapporto più solido perchè entrambi si sono assunti una responsabilità, si sono scambiati delle promesse e hanno creduto in qualche cosa. 

I fautori della convivenza sostengono che convivere è meglio che sposarsi perchè ci sono un sacco di problemi in menoSe un rapporto non va, si scioglie. Senza troppi rimpianti.
Ma se una convivenza fosse la più bella, soddisfacente relazione che ci potessimo immaginare e se durasse tutta la vita, non sarebbe di fatto un matrimonio mancato?

Differenze legali

L’articolo 143 del Codice Civile sancisce diritti e doveri dei coniugi. 
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. 

In una coppia di fatto i partner non sono tenuti, ad esempio, ad aiutarsi l’un l’altro, in caso di difficoltà economica
Ciò significa che, se dopo la nascita del bambino i partner dovessero lasciarsi e la donna fosse senza lavoro perché ha rinunciato alla sua professione per dedicarsi al bebè, o comunque avesse un reddito insufficiente, l’ex compagno non avrebbe alcun obbligo verso di lei.
Diversa è invece la situazione in caso di separazione legale di una coppia sposata: se uno dei partner si trova in difficoltà, l’altro è tenuto a intervenire.

Maggior tutela è garantita anche in caso di decesso di un coniuge, poiché i conviventi non ereditano in automatico i beni del partner. È però possibile redigere un testamento e destinare alla compagna (e viceversa) il proprio patrimonio. Nella sua interezza se non ci sono eredi legittimari (figli, un coniuge anche se separato purché senza colpa, genitori in assenza di coniuge e figli) mentre se ci sono eredi legittimari solo la quota disponibile. Inoltre, solo il coniuge può beneficiare del trattamento pensionistico di reversibilità.

Un altro ambito in cui il fatto di essere sposati o conviventi comporta differenze è quello fiscale. Qualche esempio. Un coniuge che non lavora può risultare fiscalmente a carico del partner lavoratore (che ha diritto a delle detrazioni fiscali calcolate direttamente in busta paga), mentre il convivente non ha diritto ad alcuna detrazione. Lo stesso accade con le spese mediche: solo i coniugi possono detrarre le spese mediche sostenute dal partner. Infine, se la casa è cointestata uno dei coniugi, in base alla capienza fiscale, può detrarre tutti gli interessi, mentre il convivente può detrarre solo la propria parte.

Come regolarizzare una convivenza 

Negli ultimi anni, però, sono stati fatti alcuni passi avanti e l’ordinamento italiano, nell'articolo 408 del Codice Civile, ha riconosciuto una serie di diritti alle coppie di fatto. Vediamo alcuni esempi significativi.

Il garante della privacy nel 2005 ha riconosciuto il diritto di un convivente di avere notizie sulla salute del partner e, in caso di ricovero ospedaliero, di richiedere la sua cartella clinica.

Recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno sancito il diritto del convivente a succedere al partner (in caso di decesso) nel contratto di locazione della comune abitazione e sempre in caso di disgrazia, di chiedere un risarcimento danni, proprio come accade per le coppie sposate.

C’è anche un articolo (342 bis) del Codice Civile, che dispone l’allontanamento dalla casa della coppia del convivente che dovesse comportarsi male nei confronti della compagna, mettendo a rischio la sua integrità fisica e/o morale o la sua libertà.

Oltre a queste tutele, esiste anche la possibilità di stipulare un accordo di convivenza, ossia un contratto che permette di legittimare le questioni economiche e patrimoniali del rapporto, in modo da poter offrire la sicurezza al partner di riuscire ad affrontare i momenti di difficoltà che si potrebbero presentare.

I notai avranno il compito di redigere contratti (non atti fac simile), tagliati  sulle esigenze specifiche della coppia, quindi, si potranno disciplinare vari aspetti patrimoniali, ad esempio: i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza, le modalità d'uso della casa di residenza, assegno di mantenimento al termine della convivenza, assistenza reciproca per tutti quei casi di malattia fisica o psichica, oltre alla designazione di un amministratore di sostegno ecc... 
Va puntualizzato però che: dai "contratti di convivenza" restano fuori i diritti ereditari e quelli indisponibili come l'educazione e il mantenimento dei figli. 

Questi contratti si rivolgono soprattutto ai giovani ma anche a persone più adulte, rimaste vedove e che ora convivono con altre persone.

I costi dei "contratti di convivenza" non sono fissi ma variano in base alle esigenze delle coppie; per stipulare questi contratti bisogna presentare i documenti di identità e i certificati anagrafici di rito.

Figli

Per tutte le questioni patrimoniali ed ereditarie, il figlio naturale riconosciuto è assolutamente equiparato al figlio legittimo, con l’unica differenza che non acquisisce nessun diritto nei confronti dei parenti del genitore, tranne che verso gli ascendenti diretti.
Il vincolo di parentela, a livello giuridico, si instaura solo in linea diretta, quindi con i nonni. Questo comporta delle differenze per i diritti di successione: il figlio naturale eredita solo dai genitori e dai nonni, mentre il figlio legittimo eredita da tutti i parenti fino al sesto grado di parentela.

Tuttavia, a parte tale, tra figli legittimi e figli naturali non esiste alcuna differenza neanche per quanto riguarda i rapporti con i nonni e gli altri parenti, anche in caso di adottabilità del minore da parte dei nonni in caso di morte di entrambi i genitori.

Denuncia di nascita e riconoscimento

La procedura di denuncia di nascita, è un po’ diversa se mamma e papà sono sposati o conviventi.

Se la coppia è sposata il bimbo assume automaticamente il cognome del padre e la denuncia di nascita può essere fatta da un solo genitore (ad occuparsene possono essere indifferentemente la madre o il padre) presso la direzione sanitaria dell’Ospedale, entro tre giorni dal parto o presso l’Ufficio di stato civile del Comune in cui è nato il bimbo o del Comune di residenza, entro dieci giorni dal parto.

Se i neo-genitori convivono, devono recarsi insieme negli uffici competenti (la direzione sanitaria del punto nascita o l’ufficio di stato civile del Comune) perché il papà possa riconoscere il bimbo e dargli il suo cognome.

Se il bimbo nato al di fuori del matrimonio non viene riconosciuto dal padre, solo la mamma ha dei doveri verso di lui.
Se i neo-genitori dovessero lasciarsi, perché il papà contribuisca al mantenimento del piccolo la mamma dovrà fare una causa al Tribunale dei Minorenni. 
Il riconoscimento è importante anche per tutelare il diritto del papà a visitare il suo bambino e partecipare alla sua educazione.

Tabella riassuntiva:


Fisco  Coppia sposata  Coppia di fatto
Coniuge a carico
Se lavora solo uno dei due coniugi, l'altro può risultare fiscalmente a carico. Significa che il coniuge con reddito da lavoro ha diritto a detrazioni fiscali calcolate direttamente in busta paga.
Il convivente non può risultare fiscalmente a carico e l'altro non ha diritto a nessuna detrazione.
Spese
mediche

Possono essere detratte (nel limite del 19%) anche dall'altro coniuge (che non le ha materialmente sostenute) se quest'ultimo ha maggiore "capienza fiscale" (cioè un reddito sufficiente per detrarre le spese).
Ognuno può detrarre solo le sue spese e quindi se uno dei due conviventi ha un reddito troppo basso perde il diritto alla detrazione (salvo far intestare fittiziamente la fattura all'altro, cosa che però rappresenta un illecito).
Mutuo
Se la casa è cointestata gli interessi sul mutuo possono essere detratti anche da uno solo dei due coniugi, sempre in base alla capienza fiscale.
Anche in questo caso ognuno può detrarre solo la sua parte col rischio di perdere una parte di detrazione.
Assegno di mantenimento


L'assegno pagato da un coniuge all'altro in caso di separazione (gli "alimenti") può essere detratto interamente dal reddito. Si arriva al caso-limite di organizzare separazioni fittizie al solo scopo di utilizzare il beneficio fiscale (mentre i coniugi continuano a vivere insieme tranquillamente).
La convivenza non è riconosciuta civilmente e non dà diritto a nessun assegno di mantenimento in caso di separazione.
Successioni



nella coppia






Il coniuge è un'erede legittimo dell'altro, ha diritto per legge, anche in mancanza di testamento, a una quota di eredità dell'altro:
 1/3 se ci sono 2 o più figli,
 1/2 se c'è un solo figlio,
 2/3 se ci sono solo ascendenti e/o collaterali (genitori/fratelli).

La successione tra coniugi (fino a un valore di 1 milione di euro) è esente da imposte.

Non c'è successione legittima tra conviventi, quindi il partner non ha diritto automaticamente a una quota di eredità. L'unico modo per lasciargli i propri beni è fare testamento.

Sul valore della successione si paga un'imposta dell'8% (superiore a quello che pagherebbe un cugino, il 6%).
verso i figli





I figli nati all'interno del matrimonio ("figli legittimi") sono eredi legittimi, come il coniuge e non pagano imposte di successione.







I figli di genitori non sposati ("figli naturali") ma riconosciuti da entrambi hanno gli stessi diritti di figli legittimi nei confronti dei genitori. Giuridicamente però non hanno legami con ascendenti e collaterali dei genitori, quindi coi loro nonni o zii.

Questo ha un peso non tanto per questioni di eredità (perché se il padre muore prima del nonno, il nipote "naturale" diventa comunque erede del nonno "in rappresentanza" del padre defunto) ma per questioni di affidamento in caso di perdita di entrambi i genitori: nonni e zii formalmente sono degli estranei (ma quasi sempre il giudice tiene conto dei legami affettivi reali per disporre l'affidamento). Un disegno di legge in corso di approvazione dovrebbe eliminare anche queste ultime differenze.

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